Solo pochi giorni e troppe notizie di suicidi. E’ sempre strano tentare di discutere di certi argomenti: si ha la sensazione che siano atti singoli, lontani da noi, legati all’intimo, alle paure personali, la cui responsabilità non è collettiva. Ma la cronaca di tutti giorni ci dice che non possiamo più nasconderci dietro ad un dito, dato che è stato ampiamente superato il limite e tutti quanti dovremmo mettere la testa su questa piaga della nostra storia più recente per cercare e soprattutto trovare soluzioni.

Perché è un problema, purtroppo, legato alla realtà, a una parte della nostra realtà e proprio per questo abbiamo il dovere di parlarne, pubblicamente, anche nelle stanze della politica: ad Arezzo le difficoltà della vita diventano enormi e sopraffanno persino la paura di morire.

La politica compia il suo dovere, anche alla luce di questo: metta testa ed energie, dia di nuovo connotati belli alla parola futuro, torni a parlare di bellezza, più che di problemi e cerchi di non dimenticarsi mai più di sostenere chi è in difficoltà, con maggiore forza rispetto a quando cerca di sostenere chi è pieno di entusiasmo.

La politica è responsabile quando un uomo decide di morire perché indebolito fino allo stremo: chi guida una comunità ha il dovere di non far smettere mai di sperare i propri cittadini. La speranza si basa sulla fiducia e proprio la sfiducia è il primo tema che dovrebbe entrare senza paura fra le priorità, fra le questioni su cui lavorare della classe politica. La fiducia si basa sull’ascolto e la comprensione, che portano a delle azioni corrette. Quanto abbiamo lavorato su questi aspetti in questi anni difficili? Quante alternative ai problemi siamo riusciti a rendere alla nostra comunità? Quanto ci ha interessati la sfiducia che ci siamo guadagnati coi cittadini?

Il suicidio costituisce la scandalosa e inammissibile sconfitta della società in cui viviamo, se per società intendiamo quel sistema che difende e protegge, mediante tutte le forze comuni, la persona e i beni di qualsiasi persona.

Le soluzioni per cambiare le cose ci sono. E se non ci fossero, abbiamo il dovere d’inventarcele. E che siano efficaci. Su questo non dobbiamo più permettere che i nostri cittadini abbiano dei dubbi, cittadini che da troppo tempo aspettano risposte e trovano solamente discussioni infinite, che ormai non sembrano più avere né un capo, né una coda.

La politica riscopra nuovi modi di aggregare e di ascoltare. Ritrovi la cura per la solidarietà mancata, per la disumanizzazione, per l’alienamento di questi anni. Ritrovi energia rinnovata per capire dove sia necessario che torni ad operare. Torni a parlare con la sensibilità e il rispetto che anni fa la caratterizzavano. Parli di diritti civili del terzo millennio. E lo ricominci a fare dal basso, dal più piccolo nucleo istituzionale, dov’è più facile l’incontro con chi è in difficoltà: lo faccia dall’amministrazione comunale e lo faccia da adesso, da oggi stesso.

Da oggi stesso la politica torni a parlare con umanità.

Arezzo In Comune

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